La nostra vita è ormai condizionata dagli algoritmi. Ne esiste uno che permetta di formare un team altamente performante e perfetto? 

Di teorie sui team ne sono state formulate diverse eppure non si è ancora riusciti a farle confluire in una formula che possa permettere di arrivare a determinare la composizione del mitico “dream team”.

Google, che di algoritmi se ne intende ci ha provato una decina di anni fa con un progetto denominato “Aristotele Project” basato sull’enunciato aristotelico “Il tutto è maggiore della somma delle sue parti”. Nel progetto furono coinvolti circa 180 team differenti per numero di membri e caratteristiche. Furono chiamati diversi esperti per raccogliere ed analizzare l’alta mole di dati raccolti. Il progetto durò tre anni e si suddivise in due fasi: la prima aveva lo scopo di definire gli elementi che determinavano l’efficacia di un team, la seconda era rivolta all’analisi delle specificità dei team (persone coinvolte, competenze, expertise, etc.). Un lungo e complesso lavoro che portò a determinare che non è possibile creare una formula magica che definisca perché un team raggiunge risultati eccellenti mentre altri non ne ottengono alcuno.

Si arrivò comunque ad una conclusione: le performance di un team non sono solo determinate dai potenziali dei suoi membri. Possiamo anche creare team con persone di alto profilo, con competenze eccellenti, ma se non si creano determinate condizioni all’interno del team, non si raggiunge il BIG POTENTIAL.

Per farlo, nel sistema team bisogna inserire semi di scopo, di purpose. Il come il team lavora è molto più importante del chi lo compone.

Charles Darwin affermava che “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”. Il progetto Aristotele e le ricerche di Shawn Achor condotte ad Harwad dimostrano che “Non è l’individuo con maggiori competenze ad aumentare la performance del team, ma quello che meglio si adatta al sistema team”.

Il team performa se i suoi membri si sentono a proprio agio, vi è una cultura di continous feedback grazie alla quale nessuno si sente giudicato, tutti si sentono liberi di esprimere le proprie opinioni.

E’ importante la chiarezza nella definizione di obiettivi che saranno sufficientemente sfidanti per portare ognuno ad agire un growth mindset.

Non è sulle singole intelligenze che bisogna concentrarsi, ma sullo sviluppo di una intelligenza collettiva e connettiva.

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